Dal Cinquecento al Seicento
I dipinti esposti in questa sala sono in gran parte riferibili al periodo di storia bolognese che va
dall’ultima età bentivolesca fino alle soglie della riforma dei Carracci, coprendo quindi quasi tutto il
XVI secolo. Alcuni altri appartengono invece a scuole diverse, inoltrandosi in qualche caso nel secolo
successivo. Al centro della sala è posta la Crocifissione, capolavoro giovanile di Francesco Francia, che
rappresenta il passaggio dalla grande tradizione del Quattrocento ferrarese ad una nuova “dolcezza
nei colori unita” di cui, secondo lo storiografo Giorgio Vasari, Francesco Francia fu inventore e
principale protagonista insieme a Pietro Perugino. I successivi sviluppi dell’arte bolognese di primo
Cinquecento sono rappresentati da una serie di dipinti in cui prevale il tema della Madonna col
Bambino. Tra questi, opere dei cosiddetti “raffaellisti” quali Innocenzo da Imola o Girolamo da
Cotignola, accanto ai quali spicca l’eccentrico Amico Aspertini. Ai primi anni del secolo
appartengono anche le due presenze esterne del cortonese Luca Signorelli e di Filippo da Verona.
Ampiamente rappresentato è l’ambiente culturale manierista della seconda metà del secolo, a partire
dal Crocifisso di Bartolomeo Passerotti, per proseguire con opere di Denys Calvaert, di Prospero
Fontana, fino al grande affresco Concordia e Silenzio, attribuito ad Orazio Samacchini, che proviene
proprio da palazzo Comunale. Con l’Annunciazione, opera di un maestro ferrarese (ma proveniente
anch’essa quasi certamente da Bologna), siamo oramai alle soglie del Seicento. Interessante infine,
anche se di cronologia necessariamente meno compatta, il nucleo dei ritratti che facevano parte,
salvo la Suonatrice di liuto e il Ritratto di vecchia, della collezione del pittore Pelagio Palagi. Tra essi spicca
quello, bellissimo, di mano del Tintoretto. Il soffitto, realizzato nel periodo della Repubblica
Cispadana (1796-1797), mostra una decorazione di gusto francesizzante attribuita al quadraturista
Serafino Barozzi (1735-1810) con la collaborazione dell’ornatista Francesco Santini (1763-1840), con
simbologie “giacobine” (trofei, are, bandiere.....) inserite in un impianto decorativo che si rifà alla tradizione quadraturistica bolognese, di cui questi autori possono essere considerati gli epigoni.
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